I Big Data sono una raccolta di dati utili per qualsiasi azienda o piattaforma digitale. Il loro fine è quello di tenere sotto controllo i diversi settori della produzione, in modo tale da far risparmiare tempo ma soprattutto denaro. Spesso vengono utilizzati per ridurre i rischi in cui una qualsiasi azienda potrebbe imbattersi. Ma cosa li distingue, nello specifico, dai famosi Smart Data?
Smart Data: cosa li differenzia dai Big Data?
I Big Data includono tutta la serie di dati raccolti. Sono un accumulo di informazioni e non tutte sono utili ai fini di un’azienda. Gli Smart Data, invece, non sono nient’altro che la selezione degli elementi utili, e di valore, dalla serie di dati raccolti dal sistema informatico. Ovvero, quelle informazioni “filtrate” dall’intero sistema. Fornendo all’azienda soltanto quei dati di cui necessita per avere un pieno controllo sulla produzione finale. Sono informazioni interpretate e analizzate. Senza questo passaggio, non sarebbero nient’altro che un insieme di dati senza alcuno specifico valore o significato. Sarebbe errato pensare che la raccolta di questi dati serva soltanto per la massimizzazione dei ricavi aziendali. Basti pensare che l’intera economia digitale ruota intorno all’analisi di queste informazioni. La fonte, tra l’altro, che fornisce questi dati utili alle aziende sono tutti gli utenti della rete. Ovvero noi. Attraverso il nostro cellulare, quando effettuiamo un login sui social o condividiamo un contenuto, non facciamo altro che creare e fornire dati.
Big Data: la trasformazione in Smart Data
Dal 2015 al 2017 sono stati raccolti oltre un miliardo di informazioni, di Big Data. Questi vanno letti e analizzati, soltanto in questo modo può avvenire la conversione in Smart Data. Prima che queste informazioni vengano analizzate, bisogna prelevarle. Ciò avviene in 4 specifiche fasi. Il compito dell’azienda è abbastanza semplice. Deve occuparsi di individuare all’interno di questo ammasso di informazioni, quali dati dover estrapolare. Come vi abbiamo già accennato, non tutti i dati raccolti sono utili al fine dell’azienda. Per questo motivo occorre fare un’attenta selezione. Senza questo fondamentale step, si rischia di bloccare il passaggio dai dati da Big a Smart. Rendendo vana la raccolta di informazioni, facendole restare in uno stato confusionale e poco utile agli sviluppi successivi della società. Come è risultato da recenti studi, 4 sono le tecniche utili, se non fondamentali, per portare a termine questo passaggio. E sono: Descriptive Analysis, Predictive Analysis, Prescriptive Analysis e Automated Analysis. Queste rappresentano quasi le basi su cui si poggia il processo di raccolta e analisi dei dati.
Smart Data: il mercato dei Big Dati
Il mercato della raccolta dati, soltanto nel nostro paese, ha raggiunto un valore economico non indifferente. I guadagni si aggirano intorno a un miliardo di euro con un tasso di crescita pari al 22%. Sono le grandi imprese a trainare questa fetta importante del mercato. La loro spesa complessiva equivale all’ 87% della cifra totale. Mentre le piccole medie imprese si fermano al 13%. Tornando alla gestione dei dati, invece, esiste una figura professionale specifica che si occupa di ricavare le giuste informazioni dall’ammasso dei dati presenti sul web. Stiamo parlando del Data Scientist, una figura che negli ultimi anni si sta facendo sempre più strada all’interno delle aziende. Nelle imprese straniere, è sempre più diffusa la ricerca di questo nuovo profilo professionale. Mentre nel nostro paese sempre trovare terreno fertile. Per molti, il Data Scientist è la professione che segna l’inizio di una nuova era tecnologica, che per molti esperti del settore è già iniziata. Dopo di tutto, è difficile smentire queste tesi. In quanto la raccolta di dati, e delle relative informazioni di valore, rappresenta uno dei momenti fondamentali per le aziende. E’grazie a questi dati che le imprese possono crescere e incrementare i propri guadagni.